“We want to help reduce the friction from the point of inspiration to transaction.”
– Â James Quarles, Instagram Global Head of Business and Brand Development
Il valore di queste novità per i social network così come per i brand è chiaro. Per gli advertiser anche. Qual è il valore per l’utente?
Le nuove frontiere del mobile commerce non sono interessanti solo per chi ha il suo core business nel retail, ma riflettono una tendenza più generalizzata sulla quale mantenere un occhio vigile.
Che cosa deve comprendere chi vive nella società mobile, social e always on per cavalcare l’evoluzione verso cui ci stiamo dirigendo?
Secondo quanto emerso nella decima edizione del Netcomm eCommerce Forum, il mobile commerce è il trend più promettente del settore e-commerce: gli acquisti tramite smartphone sono aumentati del 78% nel 2014 e sono ancora in crescita del 68% nel 2015 per un valore di 1,8 miliardi di euro.
Secondo una ricerca commissionata da Paypal ad Ipsos, entro il 2016 il mobile commerce sarà cresciuto del 42%. E le app vincono sul browser come strumento preferito per fare shopping tramite smartphone.
Considerando che in media il 75% degli utenti accede al web tramite dispositivi mobili, rendere immediati i processi da mobile è l’unica opzione per l’e-commerce.
Quest’infografica di Shopify, il quale da un po’ ha ormai intuito il valore aggiunto acquisibile dai social network e ha deciso di sfruttarlo, mostra dati interessanti, anche per quanto riguarda il legame di alcuni settori con le singole piattaforme.
Il social commerce genera numeri impressionanti e conversioni interessanti per qualsiasi brand.
Non è un caso che Zuckerberg stia implementando il suo walled garden in modo che sia il più totalizzante possibile: un Buy button non poteva mancare nell’esperienza Facebook. Sviluppato in accordo con Shopify, consente acquisti diretti senza spostarsi sull’e-commerce del venditore e integra negli analytics dello store anche i dati del social network.
Facebook ottiene i numeri più alti, ovviamente, ma non si possono ignorare quelli che Instagram riusciva a raggiungere pur fornendo solo la possibilità di inserire un link nella bio di profilo.
Le piattaforme di sharing fotografico, dopo aver ben fidelizzato i propri utenti, hanno alla fine deciso di monetizzare, conoscendo il grande valore di un pubblico così targettizzato. Basta pensare che Instagram conta oltre 300 milioni di utenti, una vera miniera d’oro in termini di Big Data.
Pinterest ne conta “solo†70 milioni e punta infatti più sul suo potere di bookmark dei desideri, nel quale le persone possono costruire i propri cataloghi. Inoltre basta considerare che circa il 93% dei suoi utenti attivi pianifica i propri acquisti tramite esso.
Non è pensabile ignorare questi trend, e anche altri player man mano si muoveranno nella direzione del social commerce. Snapchat, dopo aver introdotto lo “snapvertisementâ€, potrebbe essere il prossimo candidato ad integrare le funzionalità e-commerce in app per il suo target specifico, cioè i giovani sotto i 30 anni. Così come Tinder, nel quale alcuni settori come l’entertainment, la ristorazione o la nightlife potrebbero trovare buoni riscontri. Anche Google pianifica di inserire a breve il tasto “compra†negli shopping ads. Gli utenti al click verranno reindirizzati su una pagina Google nella quale acquistare il singolo oggetto.
In definitiva, oltre che di mobile commerce si può parlare oggi di visual commerce, perché il valore delle immagini, così come della vetrinizzazione della merce, è sempre più elevato, ancor più da smartphone. Lo sanno bene i brand, che puntano su contenuti visuali per promuovere i loro prodotti. E lo sanno bene anche le app, che hanno compreso come monetizzare e far monetizzare i brand attraverso nuove forme di visual advertising.
Instagram ha lanciato per la prima volta i post sponsorizzati un anno e mezzo fa. Già con i carousel ads, i brand potevano raccontare le loro storie. Fino ad allora, Instagram non ha mai voluto che vi fossero nella sua app dei link apribili: le persone dovevano navigare nel flusso delle immagini e non nel web. Il compromesso poi è stato tenere gli utenti ancorati ad un browser interno all’app.
Gli obiettivi che oggi si prefigge Instagram si focalizzano su 3 aree chiave:
Pinterest ha introdotto i primi pin sponsorizzati nel 2013 per poi, all’inizio di quest’anno, cominciare a sperimentare i pin animati. Ha lavorato con Shopify all’integrazione tra le due piattaforme, ad esempio per poter pinnare i prodotti preferiti sulle proprie boards.
I due social però sono strutturati in modo differente. Su Pinterest si potrà comprare ciò che si desidera direttamente dalla fotografia del prodotto e finalizzare l’acquisto tramite carta di credito ed Apple Pay, mentre Instagram non permetterà l’acquisto dall’app stessa, ma gli acquirenti che troveranno l’oggetto dei loro sogni su Instagram dovranno comunque fare un passaggio in più e venire reindirizzati sul sito dell’inserzionista.
In realtà questa diversa scelta ha senso, in quanto le immagini pinnate si posizionano perfettamente tra dei visual da apprezzare e dei desideri da voler acquistare.
Instagram invece ospita immagini dalla natura molto più sociale, la cui connessione con l’e-commerce è meno forte.
Un’altra differenza sta nel fatto che Facebook e Instagram hanno una tale quantità di dati sui loro utenti, che possono vendere post sponsorizzati molto rilevanti in termini di i tassi di conversione sugli e-commerce; viceversa, i pinners navigano nel flusso di immagini e creano i loro segnalibri visivi con l’obiettivo di pianificare, organizzare e costruire i loro cataloghi di desideri. Ciò li rende ovviamente più pronti all’acquisto.
In entrambi i casi, anche se poi l’acquisto non dovesse essere completato, i prodotti che finiscono nel carrello a partire da un buy button possono fornire al brand interessanti insight sui tipi di prodotto da sponsorizzare maggiormente.
Bisogna considerare anche che ad oggi, i buyable pins di Pinterest non sono sponsorizzabili, per cui un 87% di utenti che hanno acquistato direttamente dal social network è un dato decisamente significativo.
Pinterest ed Instagram, così come gli altri social network, hanno risposto ad un’esigenza percepita degli utenti.
Un’esigenza di immediatezza, di velocità dell’azione, che sia un acquisto, un’iscrizione o semplicemente il recupero di maggiori informazioni, con un semplice click.
Una frammentazione che va a sfumare, per una semplicità d’uso e un’esperienza utente istantanea e senza frizioni. Così come si sta lavorando ad un deep linking per le app mobile, si sta affermando il BYOD in ambito professionale, si converge verso l’integrazione delle piattaforme, dei processi, delle esperienze. Tutte tendenze che dimostrano la necessità di non doversi spostare tra un device e l’altro, un’applicazione ed un’altra, una piattaforma e l’altra, se non in modo totalmente fluido e non percepito dall’utente. 3 passaggi sono troppi per completare un’azione. Snellire i processi è ciò che genera valore per i brand, le piattaforme, i sistemi. Ubiquità e pervasività vanno a braccetto con la semplicità e chi riesce a rispondere a questo bisogno ha capito come generare valore reale.